quaderni di management 
bimestrale di cultura managerialeE.G.V.
  
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Un passo avanti e due indietro

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Giancarlo Oriani


 

Siamo nell’economia della conoscenza. Che cosa vuole dire in pratica? Che d’ora in avanti le economie evolute fonderanno la propria ricchezza sulla conoscenza. Le competenze scientifiche, tecniche e professionali dovranno crescere e incrociarsi per creare nuovi prodotti e servizi ad alto valore. Le società a basso costo della manodopera potranno realizzare commodity, le società ad alta tecnologia potranno realizzare nuovi prodotti e servizi. Le società che non avranno né l’uno né l’altra saranno condannate al declino.
Ma quali sono le caratteristiche di una società che può essere vincente nell’economia della conoscenza? Talvolta si utilizzano elementi (quali gli investimenti in R&S) che sono importanti ma non determinanti. Credo che sia discriminante invece l’esistenza di una struttura sociale favorevole all’innovazione. E’ ormai acquisito che l’innovazione di un sistema (sia esso un’azienda così come una nazione) deriva dalla sua capacità di mettere in rete competenze sofisticate, facendole interagire. L’interazione avviene solo se vi è capacità di comunicare e fiducia reciproca. Per cui una società, per poter diventare un’efficace “società della conoscenza”, deve essere caratterizzata da competenze tecnico-scientifiche diffuse, e da un livello di fiducia reciproca tra gli attori che consenta di attivare le reti attraverso le quali sia possibile trasferire e generare conoscenza.
Mi sembra che la società italiana stia andando nella direzione esattamente opposta. La competenza scientifica, non dei singoli ma del sistema-nazione, è bassa. Il dato preoccupante non è tanto che si investe poco o che i cervelli se ne vanno, ma che si sta assistendo ad un degrado continuo della stessa cultura scientifica (il paese dell’abiura di Galileo è lo stesso che nel 2000 attacca nella scuola l’evoluzionismo e nei laboratori la ricerca), ed anzi della cultura tout court (si pensi al livello qualitativo dell’informazione e dei programmi televisivi che fanno audience). Anche la fiducia e la capacità di “fare sistema” e di “mettersi in rete” stanno crollando. Abbiamo detto che si coopera meglio quando c’è fiducia reciproca. E’ chiaro che vi è fiducia reciproca solo quando esiste un livello minimo di regole chiare e condivise che vengono rispettate. Che esempi vogliamo portare di come anche questo humus si stia deteriorando? L’impunità generalizzata - a partire dai politici? I debiti col fisco “negoziati” dalle squadre di calcio? Le furbizie sull’euro e sui medicinali?
Tito Conti, membro del nostro Comitato di Direzione, in un convegno sull’innovazione parlava di “colpo di reni culturale”, riferendosi ad altri temi. Voglio riprendere quel concetto ed applicarlo a quanto detto sin qui. Speriamo che questo “colpo di reni” arrivi presto. Soprattutto a favore della scientificità contro il misticismo oscurantista, e a favore dell’etica vera contro l’opportunismo. Altrimenti il futuro sarà sempre meno roseo.

Nel presente numero della rivista troviamo articoli che invitano all’ottimismo (come quello di Rullani che introduce il focus sui distretti) ed altri che non invitano al pessimismo, ma certamente alla riflessione (come l’intervista ad Umberto Paolucci).