quaderni di management 
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Innovazione tecnologica e innovazione organizzativa

Giancarlo Oriani


 

Che le aziende debbano essere innovative è ormai una convinzione diffusa. Come lo possano essere nella pratica è assai meno facile a dirsi. Basta investire in innovazione? O servono modelli organizzativi o culture specifiche? L’innovazione è organizzativa o tecnologica?
Nell’eccellente articolo di introduzione al focus sul retail di Colella, di Atos Origin, si evidenziano una serie di elementi relativi all’innovazione nel retail, che però possono esser estesi alla tematica più generale dell’innovazione in azienda:
1. L’innovazione ha almeno tre dimensioni (mercato, prodotto, processo). Inoltre l’offerta ha più dimensioni (nel caso del retail: la localizzazione, l’assortimento, il prezzo - del servizio commerciale - , il servizio, lo spazio e la comunicazione) e si possono avere innovazioni molto rilevanti (come i nuovi formati nel retail) ed innovazioni più limitate.
2. Non esistono modelli organizzativi ottimali che favoriscono necessariamente l’innovazione più di altri; senza considerare che ogni innovazione è potenzialmente visibile e copiabile molto rapidamente.
3. La tecnologia è un fattore abilitante, ma non l’unico e forse nemmeno il più importante.
Parlando del retail, Coltella dice che esso è “un comparto dall’atteggiamento conservatore verso la tecnologia. In effetti, una quota rilevante delle novità introdotte dal commercio al dettaglio sono a basso contenuto di tecnologia. Le innovazioni riguardano principalmente il retailing-mix e quindi il modo con cui sono offerti i prodotti piuttosto che la tecnologia impiegata per la produzione del servizio”. Ciò nonostante il fatto che “negli ultimi anni l’euforia tecnologica ha portato alcuni pensatori a ritenere che anche per il retail fosse possibile risolvere ogni problema di mercato grazie ad una massiccia iniezione di tecnologia (siti web e comunicazione via internet, telecamere nascoste, strumenti di analisi dei dati degli scanner e altre applicazioni tecnologiche alla relazione col cliente). La realtà mostra che il successo si fonda su alcuni principi di base, una capacità di esecuzione eccellente e la disponibilità a mettere costantemente in gioco la formula vincente, innovando continuamente per seguire i cambiamenti dei cittadini e della società”. Cioè più su elementi organizzativi e culturali, che sulla tecnologia.
Nella consueta sezione “Cosa ci aspetta nel futuro”, l’intervista a Luigi Pugliese, Partner e Vice President di Booz Allen Hamilton, è un’interessantissima chiacchierata sugli sviluppi del digitale terrestre in Italia e sui servizi e sulle prospettive nuovi che esso potrà proporre. In questo settore, quello delle telecomunicazioni e della televisione, all’opposto del retail, le innovazioni hanno invece una forte connotazione tecnologica. Anche se la tecnologia agisce soprattutto riducendo i costi e fornendo nuove opportunità: la capacità di offrire nuovi servizi vincenti non è tecnologica.
Nella sezione “Letture straniere”, vengono presentati i risultati di una ricerca condotta dall’Aberdeen Group, società fondata nel 1988 e specializzata in ricerche sugli sviluppi della catena del valore e sull’impatto della tecnologia su di essa. La ricerca mostra che, nonostante il grande successo dei concetti snelli in fabbrica, le aziende manifatturiere stanno ancora facendo molta fatica ad implementarli. Inoltre evidenzia come vi sia nei fatti una forte differenza di prestazioni tra le aziende che stanno usando le tecniche snelle semplicemente in fabbrica e quelle che le stanno utilizzando in tutta l’azienda o, meglio ancora, attraverso tutta la supply chain. Questo articolo evidenzia il forte fattore abilitante costituito dalla tecnologia, nel supportare il coordinamento interaziendale. Ai lettori fedeli di quaderni di management suggeriamo inoltre di confrontare i contenuti di questa ricerca, con il focus sul Supply Chain Event Management pubblicato nell’ormai “lontana” estate del 2004 e con l’articolo di Sciuccati e Piroso del numero scorso.
L’articolo di IBM evidenzia come l’innovazione parta dall’imparare a disimparare, che genera la capacità di apprendere e quindi di innovare. Questa modificazione continua basta sulla decostruzione vede la risorsa umana contemporaneamente come attore principale ma anche come attore critico. Diventa quindi fondamentale sapere allineare l’obiettivo individuale a quello aziendale. Ma come, si chiedono gli autori?
L’articolo di Antonella e Giuseppina Civardi, consulenti di Festo, riassume un’analisi condotta sull’efficacia delle attività formative specificatamente indirizzate all’area commerciale, cercando di mettere a fuoco sia il ciclo del “fallimento” della formazione alle vendite, sia gli ingredienti portanti di un percorso formativo di “successo”, sia alcune linee guida.