quaderni di management 
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Si vince (anche) così uno scudetto

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Giancarlo Oriani


 

Avremmo potuto intitolare questo editoriale anche “India”, o “l’organizzazione ambidestra”, o “i modelli organizzativi scandinavi”, tanta è la ricchezza degli stimoli presenti negli articoli che quaderni di management offre in questo numero ai propri lettori.
Ma, in omaggio allo scudetto dell’Inter, abbiamo pensato di scegliere l’intervista a Paolillo, amministratore delegato della società F.C. Internazionale, come ispiratrice del titolo di questo editoriale. Un’intervista che evidenzia con estrema chiarezza la straordinaria evoluzione che stanno vivendo le società di calcio. Un ex direttore generale di banca viene chiamato a riorganizzare la società, ed a travasare i concetti classici del management. Viene ridisegnato l’organigramma, e creata una vera e propria direzione marketing/commerciale. Il focus diventa il merchandising, e la capacità di valorizzare commercialmente il “portafoglio clienti” (i tifosi). Significativamente, Paolillo paragona l’Inter al Cirque du Soleil: lo spettacolo è funzionale al conto economico. La vittoria è importante, ma non è il centro del mondo come per il tifoso. L’acquisto di un giocatore si trasforma sempre di più da fatto puramente tecnico, a fatto anche (forse prevalentemente) di marketing.

A proposito di organizzazione, l’articolo di Panzarani, Recchioni e Previdi offre alcuni elementi di base per cominciare a ragionare sui modelli organizzativi scandinavi. Si tratta di modelli eccellenti di organizzazioni knowledge based, capaci di significative innovazioni e in grado di padroneggiare le moderne tecnologie. Sono esempi di un affascinante miscela di vecchio e di nuovo, all’interno di paesi modernissimi, socialmente e culturalmente avanzati. Paesi con un concetto della gerarchia, dei formalismi e del gruppo assai diversi dai latini, come evidenziò Hofstede molti anni fa, e come emerge anche dall’intervista a Kolind, pubblicata sul numero 3/2003 di qdm. Siamo perfettamente d’accordo con gli autori quando scrivono che “i successi di queste società costituiscono un modello ed un esempio per l’Europa”.

A proposito di organizzazione ed innovazione, l’articolo di Cole, famoso e stimato professore all’università di Berkeley, nella sezione “Letture straniere” affronta il rapporto controverso tra logiche della qualità e capacità innovative dell’azienda, riscoprendo il concetto classico di “organizzazione ambidestra”. L’articolo evidenzia, sulla base delle esperienze di alcune aziende giapponesi, leader nell’applicazione dei concetti della qualità, come una forte cultura della qualità possa condurre ad essere debolmente reattivi di fronte a sviluppi tecnologici e di mercato. In sostanza, da un lato, l’enfasi su “la qualità innanzitutto” può ridurre in modo irragionevole il time to market dell’introduzione di innovazioni radicali e, dall’altro, l’enfasi sull’innovazione guidata dagli attuali clienti/utenti può rendere cieche le aziende alle nuove tecnologie e alle nuove prestazioni di prodotto. Di qui il richiamo all’organizzazione ambidestra, che dovrebbe risolvere le contraddizioni tra la necessità di un’innovazione radicale e le caratteristiche di quella incrementale, proprie della cultura della qualità. Contraddizioni che per alcuni autorevolissimi studiosi come March sono fondamentali ed insuperabili. Cole propone qualche soluzione. Innanzitutto utilizzare il Beta Test in modo più intenso, come strumento per arrivare in anticipo sul mercato senza abbandonare i propri standard di alta qualità. Una versione più forte del Beta Test prevede che si rilascino versioni precoci del prodotto in mercati selezionati.
Vorremmo sottolineare come questa proposta riecheggi approcci del tipo “per prove ed errori”, come quelli suggeriti ad esempio da Reinertsen e Smith nel libro recensito sul numero 5/2003 di quaderni di mmanagement. Una seconda soluzione può essere quella di cambiare gli attributi di qualità su cui basarsi: le prestazioni e le caratteristiche del prodotto possono infatti essere più importanti della sua affidabilità e della sua durata.

L’articolo di Paola Ballabio, di Eos, introduce il tema della comunicazione organizzativa come “l’essenza stessa dell’organizzazione”. Ma questo fattore critico, nelle imprese internazionali, è assediato dalla distanza geografica e dalla multiculturalità. Il problema (come sempre, diremmo) non è tecnologico: è il manager che deve saper assumere un “ruolo di facilitatore dei processi comunicativi e di costruttore di ponti interculturali”.
L’articolo di Scarpa riprende i temi trattati nel focus sul Data Mining del numero 25/2007. Si focalizza in particolare sulle tecniche previsionali che, elaborando l’enorme mole di dati disponibili sui clienti, cerca di prevedere i possibili abbandoni (modellazione della propensione all’abbandono), per cercare di evitarli.

Last but not least … il nostro focus sull’India. Ma per questo vi lascio all’introduzione del prof. Nassimbeni, che ha coordinato il focus stesso.