quaderni di management 
bimestrale di cultura managerialeE.G.V.
  
  < Torna all'indice

L’emozione

Giancarlo Oriani


 

L’intervista al professor Verganti del Politecnico di Milano evidenzia il connubio tra emozioni e tecnologia nel fare innovazione, in particolare nel fare design driven innovation. Il padroneggiare la tecnologia innovativa è necessario, ma non sufficiente. Si deve saper accoppiare la capacità di dare un nuovo senso al prodotto tramite la nuova tecnologia.
L’innovazione richiede anche una propria “forma organizzativa”. Nasce il concetto di “collaborative innovation”, con il quale si pone l’accento sull’impossibilità per l’azienda di trovare tutte le idee e le competenze necessarie all’interno, ed anche in buona misura la difficoltà di individuare interlocutori esclusivi, a favore della capacità decisiva di fare rete con interlocutori esterni variamente qualificati e distanti. E’ un concetto che ci sembra richiami da vicino quello di “innoversity” proprio della social network analysis: l’innovazione nasce da reti composte da attori portatori di competenze diversificate.
In quest’ambito, in cui è chiaro il costo di attivazione di tali relazioni, ma incerto il risultato che deriverà da ognuna di esse (anche se è altamente probabile il risultato che deriverà dal loro insieme), diventa critico il ruolo delle istituzioni come broker. Un ruolo particolare: il broker informativo non decide gli obiettivi o l’allocazione delle risorse: esso si limita a porre in relazione.
Anche l’articolo di Targa, di Newton Management Innovation, richiama le emozioni. Qualora siano importanti, come lo sono oggi, la creatività e l’imprenditorialità delle persone, diventa centrale un nuovo modo di fare management, focalizzato sullo sviluppo di una nuova forma di intelligenza, quella collettiva. Tale necessità fa cadere i presupposti tradizionali dello sviluppo manageriale e comportamentale in cui i ruoli erano standard, le professionalità precise e i processi definiti.
La formazione deve allora ripensare se stessa. Quella esperienziale, presentata nell’articolo, costituisce una nuova modalità che, attingendo al divertimento, all’intrattenimento, all’arte, allo sport e agli hobby, crea un livello di forte coinvolgimento grazie all’attivazione, oltre che della sfera cognitiva, anche della sfera emotiva.
Anche lo studio proposto da Garbellano si occupa delle nuove modalità necessarie di formazione. Egli in particolare mostra come si debba dare maggiore rilevanza ai contenuti e al know how di business, alla capacità di dialogo e interazione con i diversi stakeholder, di creare reti “lunghe” di apprendimento e di essere glocal (globale e locale insieme), ad una più profonda interfunzionalità.
L’articolo di Gnan di Eos attira l’attenzione di aziende e studiosi sul concetto di Capitale Intellettuale e sugli strumenti in grado di misurarne il valore. Gli approcci contabili tradizionali non riescono ad esprimere efficacemente il suo ruolo e a coglierne le relative determinanti. Si propone quindi come nuovo approccio utile all’uopo la Balanced Scorecard. L’articolo descrive le caratteristiche ideali che dovrebbero essere presenti in un buon metodo scorecard di valutazione del Capitale Intellettuale.
Dopo tanto “soft” un po’ di “hard” (in realtà nell’impaginazione l’hard viene prima del soft): il focus proposto da questo numero di quaderni di management deriva da un’indagine condotta sugli aspetti evolutivi del rapporto tra banche e piccole imprese avente l’obiettivo di esplorare più approfonditamente le variabili qualitative che influiscono su tale rapporto. Per quanto riguarda il grado di soddisfazione delle PMI sull’informazione ricevuta su Basilea 2, dalla ricerca emerge che tanto le banche che le associazioni di categoria presentano aree di miglioramento sulla quantità e qualità dell’informazione fornita, mentre i commercialisti e/o consulenti risultano essere interlocutori apprezzati. Per quanto riguarda le azioni relative intraprese, per la maggior parte sono operazioni di immagine (più documentazioni e presentazioni di business plan, utilizzo di nuovi software, personale dedicato ai rapporti con le banche) mentre sono meno diffusi gli interventi più concreti, quali aumenti di capitale e ristrutturazione dei debiti.

Purtroppo, per problemi di spazio, l’annunciato articolo sull’organizzazione del pronto soccorso (nello specifico del San Raffaele di Milano) come esempio di HRO slitta al prossimo numero.

Buona lettura