quaderni di management 
bimestrale di cultura managerialeE.G.V.
  
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Organizzazioni obese o anoressiche?

Giancarlo Oriani


 

L’intervista al professor Doz, uno dei riconosciuti guru europei di management, fornisce, come facile aspettarsi, molti spunti di riflessione.
Uno di questi è il confronto tra le organizzazioni obese e quelle anoressiche, per riprendere la felice metafora proposta da Cuomo durante l’intervista stessa. E’ un tema caro alla nostra rivista, oggetto dello stesso editoriale del numero 33, che metteva a confronto ridondanza e snellezza. La fast strategy proposta da Doz, necessaria alle aziende per sopravvivere ed adattarsi ad un contesto complesso e in continuo e rapido mutamento, richiede di investire risorse per un continuo ed efficace monitoraggio dell’ambiente esterno, cioè di essere, in un certo senso, “grassi”. Ma l’efficienza operativa, soprattutto in questo periodo, richiede senza ombra di dubbio di essere “snelli”. Come dice Doz: “Se sei troppo snello puoi essere eccellente operativamente ma non significa che tu abbia le risorse per raccogliere le sfide; dall’altro lato, se hai in ogni momento tutta la flessibilità necessaria per cambiare, per la maggior parte del tempo starai sprecando un sacco di risorse”.
Questa ambivalenza snellezza/ridondanza; capacità innovativa/efficienza operativa viene ripresa anche nell’articolo di Eos, dove si confronta un’organizzazione innovativa e un’organizzazione operativa: “La difficoltà delle imprese moderne sta nell’individuare quella soluzione organizzativa ottimale per cui sia possibile essere innovativi per ottenere vantaggio competitivo, e allo stesso tempo essere operativi per raggiungere gli obiettivi di efficienza.”

Questo numero ospita anche la seconda parte del focus su complessità ed eventi coordinato dal prof. Pilotti. Per approfondire il dibattito e continuare a potenziare il fil rouge che lega i numeri di quaderni di management usciti negli anni, invece di commentare il focus vi invito a confrontare alcuni articoli di questo focus con altri apparsi su “vecchi” numeri della rivista. E’ interessante confrontare i concetti dell’articolo di Chilese e Fiscato sulle HRI, cioè le organizzazioni che devono essere in grado di affrontare situazioni ad alto rischio, con le caratteristiche delle HRO rilevate da Fear sul numero 29 (tra cui la “dualità gerarchica”, la “comunicazione informale”, il “lavoro di gruppo” e il “racconto di storie”) per verificare la sostanziale omogeneità di conclusioni dei due studi. Oppure confrontare l’articolo di Lorenzon ed Orsi sulle code lunghe favorite dalla tecnologia nel mercato cinematografico, con quello sullo stesso mercato presentato nel numero 7 del 2004 nell’ambito delle relazioni dal convegno sulla dinamica dei sistemi: in questo articolo la strategia di marketing di distribuire un film simultaneamente in molte sale garantisce il successo anche di un brutto film e si basa sulla potenza commerciale delle case produttrici; in quello la tecnologia consente la sopravvivenza (ed anche in parte l’interesse commerciale) di film di nicchia, oltre che potenzialmente disinnescare quella strategia.

L’articolo di Brunetti, Bernardi e Garengo evidenzia come per la crescita delle piccole e medie imprese Il fattore prevalente risulti essere lo sviluppo di logiche basate sul paradigma delle reti aperte come fattore competitivo.

Infine: date un’occhiata alle pillole giapponesi di Manisera. Dopo anni di “esportazione” delle logiche manageriali in occidente, la globalizzazione sta portando i problemi e le caratteristiche occidentali in Giappone. Come reagisce a ciò il Sol Levante?