quaderni di management 
bimestrale di cultura managerialeE.G.V.
  
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Innovazione, globalizzazione, produttività, responsabilità

Giancarlo Oriani


 

L’intervista a Pistorio è un percorso nella storia italiana degli ultimi tempi ed una lezione di management.
Si racconta della nascita di un’”impresa impossibile” e del come essa sia diventata possibile. Non solo possibile, di grande successo. Pistorio con estrema chiarezza ci illustra quelli che per lui sono stati i fattori di successo di quell’operazione di fusione e di trasformazione aziendale, e le linee guida che lo hanno ispirato nei suoi anni al vertice di ST. Ne scaturisce un breve “manuale” di gestione aziendale, in cui si evidenziano: il ruolo della cultura e della capacità di far sentire le persone “parte di un sogno”, anche tramite la comunicazione continua; i cinque ruoli del leader, e le sue caratteristiche di saper ascoltare ma poi di prendersi la responsabilità di decidere (in una sorta di “centralismo democratico”); l’importanza della formulazione di chiare linee guida come quella dell’“nnovazione guidata dal mercato tramite alleanze strategiche” e l’individuazione di tre pilastri competitivi: “innovazione, globalizzazione, produttività”. Poi, come è normale per chi si è sempre occupato di responsabilità sociale e ha realizzato una Fondazione che si occupa di fornire assistenza ai bambini sfortunati, il discorso si allarga, per parlare di nuovi modelli di sviluppo e delle misure per rilanciare l’Italia. La sensazione è di un solco profondo tra questi approcci manageriali e sociali, e ciò che ci offre gran parte dell’attuale classe dirigente italiana.
Lo stesso solco che si percepisce leggendo, nella sezione “Letture straniere” l’articolo del finlandese Malinen sulla gestione dell’innovazione. L’articolo richiama l’importanza dell’ambiente d’innovazione e della rete (capitale sociale) e del ruolo che pertanto la fiducia tra gli attori gioca in questo ambito. Già in un vecchio editoriale (numero 16/2005) avevamo espresso il nostro pessimismo al riguardo (“Credo che sia discriminante l’esistenza di una struttura sociale favorevole all’innovazione. E’ ormai acquisito che l’innovazione di un sistema … deriva dalla sue capacità di mettere in rete competenze sofisticate, facendole interagire. L’interazione avviene solo se vi è capacità di comunicare e fiducia reciproca …  mi sembra che la società italiana stia andando nella direzione esattamente opposta”). Interessante la similitudine con l’approccio di un altro accademico, italiano, impegnato sul fronte dell’innovazione: il professor Verganti, intervistato sul numero 32/2007, che, tra l’altro, dice “l’istituzione deve fare da broker, deve riuscire a capire cosa potrebbe succedere e mettere assieme gli attori che altrimenti non si incontrerebbero nel momento giusto”.
Per rimanere nell’ambito della responsabilità sociale, vogliamo citare l’articolo di Bonato e Galimberti, che affrontano il tema del degrado ambientale e di come la tecnologia possa giocare un ruolo fondamentale per vincere tali sfide. Un passaggio chiave dell’articolo dice che “l’innovazione tecnologica amica dell’ambiente è sempre esistita ma fino ad oggi è stata considerata  ‘alternativa’, costosa, ignorata dalla comunità politica e finanziaria”. E’ ora di darle un ruolo. I segnali che arrivano da oltre oceano sono finalmente incoraggianti.
L’articolo di Ganzaroli e Pilotti ritorna sui temi della complessità trattati nel focus dei numeri 34 e 35, chiedendosi provocatoriamente in che misura la proprietà tradizionalmente intesa, che internalizza e divide, sia adatta ai mondi complessi, dove invece la creazione del valore si basa sulla condivisione. “Le imprese, perciò, sono chiamate ad allargare ulteriormente la base di creazione del valore dando luogo al formarsi di reti ecologiche di imprese capaci di tradurre in valore il potenziale sprigionato da eventi estremi ed altamente improbabili”.
Quasi da contraltare a queste logiche della complessità, l’articolo di Koslowski illustra un intervento nel quale si è ottenuta la riduzione dei tempi di attraversamento su una linea di montaggio applicando invece logiche di linearizzazione e semplificazione (produzione snella), cercando di ottenere risultati tangibili in tempi brevi (con la metodologia del “12 week design”).
Al manager il compito di trovare la sintesi, o più propriamente i diversi ambiti di applicazione, di queste logiche apparentemente contraddittorie.