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Capitalismo, innovazione tecnologica e riduzione degli impatti ambientali

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Danilo Bonato, Fabrizio Galimberti


 

Il capitalismo ha una impareggiabile capacità di adattamento ma la sfida più grossa deve ancora venire, quella del degrado ambientale. Esso pone al sistema economico basato sull’economia di mercato sfide nuove e più difficili rispetto al passato.
La tecnologia, che ha a che fare con l’invenzione, la produzione e l’uso dei manufatti di natura materiale, può giocare un ruolo fondamentale per vincere tali sfide. L’innovazione tecnologica amica dell’ambiente è sempre esistita ma fino ad oggi è stata considerata  “alternativa”, costosa, ignorata dalla comunità politica e finanziaria.
Secondo i due noti studiosi Pernick e Wilder i fattori di accelerazione nella diffusione delle tecnologie verdi possono essere efficacemente gestiti da politici e manager attraverso il un modello delle “ 6 C”, che prende in considerazione fattori quali i costi dell’innovazione, la disponibilità di capitale, la concorrenza tra Stati, l’emergenza climatica, il ruolo dei consumatori e il dirompente sviluppo della Cina. L’innovazione tecnologica “amica”, che ci aiuta cioè a ridurre gli impatti ambientali, è alla continua ricerca di cambiamenti significativi in tutto quello che facciamo o che produciamo al fine di ottenere efficienza energetica e proteggere l’ecosistema. I casi aziendali di Lifegate Network, Sapi e Idroplast ne sono una conferma.