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Quale proprietà nell’economia della conoscenza?

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Andrea Ganzaroli, Luciano Pilotti


 

La difesa della proprietà esclusiva costituisce ancora lo strumento attraverso cui l’impresa promuove la sostenibilità dei percorsi di sviluppo in un contesto tecnologico e competitivo caratterizzato da crescente complessità? E’ questa la domanda volutamente provocatoria da cui questo contributo prende avvio per dimostrare come la condivisione, piuttosto che il diritto ad escludere, costituisca il nuovo fondamento della creazione del valore. La proprietà è un riduttore della complessità. Fornisce l’incentivo ad internalizzare le esternalità e quindi le interdipendenze al fine di ridurre il rischio di free riding e sovra utilizzo delle risorse.
L’efficienza di questo strumento nel regolare e coordinare le interdipendenze è legata ad un prospettiva riduzionista e razionale della realtà. Una realtà dove la complessità è solo apparente e può essere scomposta nei suoi componenti elementari. In un prospettiva complessa, al contrario, la complessità non può essere semplificata perché intrinsecamente radicata nella rete delle sedimentazioni storiche che l’hanno prodotta. L’interdipendenza, perciò, non è più un male da eliminare, ma una leva per la creazione di nuovo valore.
E’ nell’interdipendenza e nella complessità, infatti, che risiede la creatività. Le imprese, perciò, sono chiamate ad allargare ulteriormente la base di creazione del valore dando luogo al formarsi di reti ecologiche di imprese capaci di tradurre in valore il potenziale sprigionato da eventi estremi ed altamente improbabili.