quaderni di management 
bimestrale di cultura managerialeE.G.V.
  
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Il lean nelle aziende di processo


 

Luca Scalmana, che già nel numero 53 si era occupato del tema dell’applicazione delle logiche lean, che provengono storicamente dalle aziende di serie, nelle aziende di processo, coordina in questo numero un focus indirizzato ad approfondire la questione.
Si può applicare il lean nelle aziende di processo? Sempre? Con quali risultati?
L’insieme degli articoli, molto ben bilanciato in quanto composto da un articolo di inquadramento tratto da una tesi di laurea e da una serie di esperienze aziendali, chiarisce che il lean è principalmente una filosofia manageriale, e che quindi può essere applicata ovunque. Chiarisce poi anche la misura in cui può essere efficace e quali sono le tecniche lean più probabilmente applicabili nel contesto delle aziende di processo.
   L’articolo di Clementi di Aptalis Pharma evidenzia un valore manageriale alla base del lean ed universalmente applicabile: quello secondo cui le persone sono come il capitale più importante dell’azienda: “si torna a rafforzare l’importanza delle persone, il loro addestramento e l’informazione su ciò che devono fare e su quali siano le loro responsabilità. A ben vedere questi sono i punti cardine di un sistema (il lean manufacturing) che vede alla sua base il rispetto delle persone”.
Clementi evidenzia inoltre come altri aspetti di base del Lean Thinking (standardizzazione, attenzione al dettaglio, propensione al miglioramento, registrazione dei dati) siano perfettamente compatibili con le norme che regolano da sempre il settore farmaceutico, cioè le GMP (Good Manufacturing Practice). “Anzi - dice l’autore - sono sempre più convinto che [il Lean] sia lo strumento ottimale per migliorarne l’applicazione pratica ed attivare il miglioramento continuo richiesto da queste ultime. L’adozione di logiche lean non è quindi impedita dalle caratteristiche specifiche dell’industria farmaceutica, ma anzi da queste favorita perché perfettamente coerente. Penso che l’affermazione che spesso sento da alcuni colleghi del mondo farmaceutico ... ovvero che il LeanThinking non può essere introdotto nell’industria farmaceutica a causa delle norme di buona fabbricazione, sia solo un grosso alibi per evitare di affrontare un cambiamento epocale come quello di lavorare in un’azienda lean, dove non esistono più funzioni separate e dove ognuno deve collaborare con gli altri per risolvere i problemi aziendali”.
Se questo corpus di valori manageriali è valido per tutti i settori, differenze, che peraltro ancora una volta riguardano tutti i settori, si possono avere nelle modalità di implementazione. Mentre nel caso Peroni dell’articolo di Calimici e Boldrin sembra prevalere un approccio più dal basso (interventi micro di reparto su problemi selezionati dal team di lavoro, pur nell’ambito di un macro progetto aziendale), in quello di Solving Efeso sembra invece prevalere un approccio più dall’alto, incentrato sul Solving Strategy Deployment.
Concetti tipici del lean quali la focalizzazione di un gruppo interfunzionale e per un tempo significativo su un problema specifico fino alla sua concreta risoluzione (settimana kaizen), la pragmaticità di interventi rapidi e orientati alla sperimentazione sul campo (blitz kaizen), nonché il forte controllo dell’avanzamento delle attività definite (giornale kaizen con auditing) sembrano ancora essere concetti generali di management validi in qualsiasi settore.
   Quanto è efficace l’applicazione del lean nelle aziende di processo? Abdullah propone uno schema di interpretazione. Le industrie con bassa varietà di materie prime ed alto volume di produzione sono intrinsecamente più efficienti di altre; in casi del genere gli strumenti di produzione snella potrebbero non essere efficaci (anche se questo favorirebbe la realizzazione di linee dedicate, cioè dei flussi di valore cari alla filosofia lean). Di fatto siamo già di fronte ad un flusso continuo di prodotto, dove logiche pull o di one piece flow possono apparire fuori luogo. Dove si sia invece in presenza di elevata varietà di materie prime e di volumi di produzione medio bassi gli strumenti lean potrebbero essere viceversa utili. Lo SMED è lo strumento più evidentemente utile in tale contesto, in quanto velocizza il cambio da un prodotto all’altro.
In sintesi Abdullah dice: “Il tipo di attrezzature e la disposizione degli impianti detta la flessibilità implicita del sistema di produzione. Ciò a sua volta determina l’estensione di utilizzo dei principi di snellimento disponibili”. Quanto più si è vicini al job shop tanto più vi sono spazi per l’utilizzo di strumenti lean finalizzati all’aumento di efficacia ed efficienza; quanto più si è vicini al flusso tanto più questi spazi si riducono, nella misura in cui l’ideale primo del lean (il flusso appunto) è già nei fatti.
Un’altra caratteristica rilevante è il punto in cui il processo produttivo diventa discreto: quanto più questo punto è precoce, tanto più il processo si presta al miglioramento tramite l’utilizzo di strumenti lean. In effetti, le categorie individuate da Abdullah che servono ad individuare i processi più adatti all’utilizzo degli strumenti lean sono anche quelle che individuano i processi di fatto più bisognosi. Con alta varietà di materiali in input e di prodotti in output e con un layout di fabbrica a job shop, sono infatti maggiori i potenziali di miglioramento con il lean.
   I casi aziendali contenuti in questo focus mostrano soprattutto risultati i termini di efficienza (anche dell’ordine del 60%), oltre che di aumento della motivazione del personale. Meno citati sono i risultati di efficacia, in particolare la riduzione del tempo di risposta, con la sola eccezione dell’articolo di Galassini che parla di una riduzione del 65% del tempo di attraversamento nel laboratorio di un produttore di birra.
Quali sono le tecniche lean più applicabili nelle aziende di processo? Sempre i casi aziendali danno indicazioni praticamente univoche: TPM, 5S, standardizzazione, One Point Lesson, problem solving strutturato.
   Anche lo Shop Floor Management, descritto nell’articolo di Pfeifer, dimostra la sua efficacia anche nelle aziende di processo: d’altra parte, un approccio indirizzato a migliorare la leadership ed i flussi di comunicazione in fabbrica, non può che essere un approccio “universale”, cioè valido in tutti i settori. Abdullah afferma esplicitamente e correttamente che certe tecniche, come TPM, 5S, visualizzazione vanno sempre bene, mentre altre, come Smed, pull, livellamento, celle, sono utili solo se il processo manifesta certe caratteristiche.
   Galassini affianco al TPM indica il TOC come strumento per la riduzione delle scorte ed il miglioramento del servizio al cliente. Proprio questo articolo, che più degli altri evidenzia i risultati in termini di efficacia, mostra al contempo l’utilità nelle aziende di processo di altre tecniche lean, quali il controllo in linea (questo è infatti molto efficace in quanto è “in grado di dare un feedback immediato per la correzione del processo - ad anello chiuso o aperto a seconda dei casi -, quando ancora le non conformità non si sono materializzate), la modifica del layout (anche degli uffici - in questo caso del laboratorio), la gestione pull dei materiali (i consumabili), la multifunzionalità (introducendo programmi di addestramento standardizzati), la visualizzazione (la minimizzazione delle code ottenuta grazie ad un sistema di Visible Planning integrato con la pianificazione della produzione e delle relative analisi di controllo qualità), la standardizzazione (la pianificazione e gestione del laboratorio viene migliorata utilizzando tempi standard dei cicli di analisi standardizzati).
   L’articolo di Vecchietti investiga l’utilizzo combinato di simulatori di gestione e di laboratori lean six sigma per le attività di formazione dei dipendenti dell’amministrazione pubblica.